Il mondo non è mai stato così piccolo. Le innovazioni tecnologiche ci hanno consentito di creare mezzi di trasporto e di comunicazione sempre più veloci, in grado di percorrere grandi spazi in tempi più brevi, accorciando tutte le distanze, tanto che oggi gli utenti trasmettono e si scambiano denaro e informazioni in un click, direttamente dal proprio telefono. In poche ore le persone e le merci sorvolano gli oceani e i continenti o viaggiano da una capitale all’altra su treni ad alta velocità.
Contemporaneamente stiamo però assistendo alla frammentazione del sistema internazionale. La globalizzazione – per come l’abbiamo conosciuta – è terminata. Gli Stati Uniti – che ne erano i garanti – sono costretti a riformulare la propria strategia imperiale, per impedire che nuove Potenze in ascesa e vecchie Potenze in ripresa possano sfidare l’autorità e l’egemonia americana.
Scosse telluriche di magnitudo sempre più elevata stanno smuovendo le placche tettoniche della politica mondiale. Questi movimenti sismici lungo precise linee di faglia stanno facendo emergere la necessità di un nuovo ordine internazionale. La riesplosione della guerra in Ucraina è stata la scossa più fragorosa di quel fenomeno che abbiamo definito la «Deriva dei Continenti», ovvero l’emergere di un nuovo mondo multipolare.
È la geopolitica a guidare la transizione verso il «Mondo Nuovo», perché sono gli imperativi geopolitici – e non i bisogni economici – a condizionare le strategie delle grandi Potenze. Si impone nuovamente la necessità di porre dei limiti, di tracciare dei confini, di stabilire delle sfere d’influenza. È quindi la geopolitica – e non l’economia – a dominare le relazioni tra gli Stati e di conseguenza il corso della Storia. «It’s Geopolitics, Stupid!» E in geopolitica le dimensioni contano.
I nuovi protagonisti dell’arena internazionale saranno Potenze di estensione continentale o sub-continentale. Questi moderni Imperi che si presentano sotto forma di Federazioni di Stati e di Nazioni, in possesso di risorse che i piccoli Stati nazionali non possono vantare, saranno i poli d’attrazione, i centri gravitazionali del nuovo mondo multipolare.
I dati della Banca Mondiale ci dicono che gli Stati Uniti rappresentano il 25% del Prodotto Interno Lordo globale, la Cina il 18%. La Germania – che è il primo Stato europeo – il 4%, l’Italia appena il 2%, ma presi complessivamente gli Stati dell’Unione Europea pesano quasi il 17% del PIL complessivo, rappresentando – insieme – la terza Potenza economica, in grado di competere per il primato tanto con Washington quanto con Pechino.
Secondo l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma, nel 2022 sono stati destinati cumulativamente 2.240 miliardi di dollari per le spese militari, di questi 877 milioni di dollari, ovvero il 39% del totale, sono contabilizzati dai soli Stati Uniti. La Cina è al secondo posto con 292 milioni di dollari, al terzo troviamo la Russia con 86,4 milioni di dollari. Il primo Stato europeo è la Germania con 55,8 milioni di dollari, ma se si sommassero le spese militari di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea si arriverebbe alla significativa cifra di 258 milioni di dollari, che farebbe dell’Europa la terza potenza militare al mondo.
Prendendo in considerazione altre cifre, vediamo come le prime tre società statunitensi per capitalizzazione – Apple, Microsoft e Nvidia – da sole superano l’intera capitalizzazione di EuroNext, la nuova infrastruttura pan-europea integrata che gestisce i mercati azionari di Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo. Facebook ha più di 3 miliardi di utenti attivi, vale a dire che ha la possibilità di influenzare più di un terzo della popolazione mondiale e ne possiede anche le capacità, dato che nel 2023 Meta ha potuto contare su ricavi per circa 135 miliardi di dollari, superiori al PIL della Slovacchia. La società d’investimento BlackRock gestisce invece un patrimonio superiore ai 10.000 miliardi di dollari, pari a più del doppio del Prodotto Interno Lordo annuale della Germania, quasi il quadruplo dell’Italia. Come può uno Stato-Nazione europeo pensare di difendersi da solo da una possibile speculazione esercitata da un simile colosso finanziario?
Sul fronte demografico, la popolazione mondiale è in costante crescita. Le Nazioni Unite prevedono che nel 2050 il nostro pianeta sarà abitato da 9,7 miliardi di persone, che aumenteranno a 10,4 miliardi nel 2100. Oggi la Cina conta 1,4 miliardi di persone, mentre si stima che l’India arriverà a 1,6 miliardi entro il 2050. In tutta Europa però il tasso di fertilità medio è di 1,5 – inferiore al 2,1 necessario per mantenere quantomeno stabile il numero di abitanti col passare delle generazioni. L’età mediana del sempre più «Vecchio» Continente è 44,4 anni ed è destinata ad aumentare, provocando un invecchiamento e quindi un indebolimento della popolazione e dell’intero sistema sociale. La Germania – che è il più popoloso Paese europeo – conta 83 milioni di persone, poco più dell’1% della popolazione mondiale. L’Unione Europea nel suo complesso, nonostante la nostra tendenza demografica negativa, potrebbe contare su 447 milioni di persone, diventando la terza entità politica più popolosa, superando gli Stati Uniti e rappresentando più del 5% della popolazione mondiale.
Inoltre il costante sviluppo tecnologico è un processo inevitabile e soltanto le grandi Potenze hanno la capacità di attirare verso di sé le competenze tecniche specialistiche e le risorse economiche necessarie per questa competizione. La digitalizzazione delle attività e dei servizi, la ricerca per sprigionare la potenza di calcolo dei computer quantistici, lo sviluppo e la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale e la rinnovata corsa allo spazio sono solo alcuni campi della tecnica nei quali colui che riuscirà a ottenere un vantaggio strategico vedrà accrescere esponenzialmente la propria potenza e certamente sfrutterà questo vantaggio a scapito di chi non sarà in grado di entrare in possesso di tali capacità. Noi Europei non possiamo certo pensare di restare dipendenti dalle conoscenze, dagli strumenti e dalle infrastrutture altrui in tutti quei settori che nei prossimi anni sono destinati a trasformare le nostre vite.
È quindi evidente che gli Stati-Nazione europei non sono più organizzazioni politiche in grado di affermare e difendere la propria sovranità e tutelare i propri cittadini di fronte alle sfide e alle minacce del «Mondo Nuovo».
In questa «Deriva dei Continenti», l‘Europa – unita solo formalmente – si ritrova a essere periferia di quell’Occidente allargato che costituisce il perimetro imperiale degli Stati Uniti, all’interno della sfera d’influenza della Casa Bianca. Il nostro Continente – diviso politicamente – è oggetto e non soggetto nel sistema internazionale. Divide et impera. I nostri Governi infatti rispondono agli imperativi che provengono da oltreoceano, in aperta contraddizione con i nostri interessi strategici.
L’identità politica del domani non sarà più definita dal concetto di Nazione, bensì dal principio della Civiltà. Sarà solo superando le grandi gelosie delle piccole Nazioni europee e riconoscendoci nell’appartenenza alla medesima Civiltà europea che potremo sperare di riconquistare la nostra indipendenza e la nostra sovranità.